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Eventi 

Presentazione del Libro:  IL MURO  
VITA PRECARIA DI GIOVANI TACCHINI

 

Anche noi saremo presenti Sabato 1 Febbraio 2014 all'InformaGiovani di Arezzo in occasione della presentazione del libro "Il Muro - Vita precaria di Giovani Tacchini".

 

Durante la presentazione daremo una lettura "psicologica" alla precarietà non solo lavorativa della vita di questi utlimi tempi...

 

Interverranno: Azzurra Avvantaggiati, Eleonora Gori e Benedetta Ricci in rappresentanza dell'Associazione In Costruzione Onlus.

PRESENTAZIONE DEL LIBRO

"IL MURO. VITA PRECARIA DI GIOVANI TACCHINI"

DI ANGELICA ISOLA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sabato 1 Febbraio 2014 presso l'InformaGiovani di Arezzo la nostra associazione è stata chiamata a dare il suo contributo alla presentazione del libro di una scrittrice al suo debutto. Il libro tratta il tema del lavoro precario con una scrittura veloce, scarna, quasi teatrale. Attraverso la metafora dei giovani tacchini, nei panni dei giovani trentenni precari e del muro, visto dalla Isola come metafora della mente umana, viene messa in scena la diatriba tra quelle che si scoprono alla fine essere due parti della stessa scrittrice. Una parte arrabbiata, delusa, pessimista, disfattista, il giovane Aceto e l'altra parte ottimista, creativa, speranzosa rappresentata da Brando, i quali discutono e litigano per la supremazia del muro. Un lavoro di elaborazione personale della rabbia dell'autrice nei confronti di un mondo del lavoro che ormai "spenna i giovani tacchini". In particolare a noi è stato chiesto di dare il nostro contributo in qualità di esperte su come influisce il lavoro precario sulla vita delle persone, raccontare l'esperienza del nostro progetto Articolo 4 all'interno di CGIL e qualche suggerimento su come "resistere" al muro.

Se prendiamo la piramide dei bisogni di Maslow vediamo che i bisogni aumentano al crescere dell'età. Dai bisogni fisiologici e di accudimento del bambino piccolo si passa al bisogno di amore, a quello di stima e a quello di autorealizzazione. Quest'ultimo emerge proprio nella fascia d'età in cui ci si accinge a diventare un giovane tacchino e rischia quindi di rimanere un bisogno insoddisfatto. Prendiamo le fasi evolutive di Erikson, il quale ha diviso l'arco della vita in fasi dalla nascita alla vecchiaia, possiamo vedere come il compito di sviluppo della "fase dell'intimità", quella della prima età adultà, di costruire rapporti stabili che sfocia in una convivenza/matrimonio, diventa difficile data la precarietà economica. Anche la successiva fase, quella della "generatività" può essere compromessa. Decidere di mettere al mondo un figlio o/e sentire di avere costruito qualcosa (carriera, casa) è difficile in uno contesto di precarietà. Ecco così che il lavoro precario diventa precarietà di vita, invadendo l'ambito dell'identità personale e degli affetti. 

La precarietà lavorativa può avere conseguenze anche sulla propria immagine di sé. Un giovane che non riesce ad inserirsi per la prima volta nel mondo del lavoro o che si sente rifiutato da questo, può  sperimentare una notevole distanza tra l’immagine di “come vorrei essere” e l’immagine di  “come sono”. Le aspettative che la persona aveva riguardo alla propria realizzazione personale e professionale cozzano con la realtà percepita. Il senso di inadeguatezza viene vissuto come una colpa, una vergogna, tanto che arriva a spendere tutte le sue energie per nascondere il proprio “far niente” e per mascherare il fatto di essere a casa quando ci si aspetterebbe invece che sia al lavoro. 

L'esperienza di Articolo 4 ci conferma proprio questo senso di incertezza a 360°. Ci misuriamo con la realtà delle difficoltà lavorative di continuo, che si traduce in una precarietà non data solo da un contratto, ma proprio psicologica e sociale, legata a un sistema lavorativo che mette in crisi anche chi un lavoro ce l'ha, che si ritrova per senso di colpa ad accettare condizioni che in passato non avrebbe accettato (sottopagati, orari assurdi, tensioni). Allo sportello emerge che i lavoratori hanno un comune denominatore: il manifestare un'identità lavorativa frammentata, che va a incidere su un'identità personale anch'essa frammentata. Ringraziamo CGIL per averci dato quest'opportunità che ha molto successo, perchè risulta essere efficace nel risultato e nel numero di persone che ne usufruiscono. 

Tra i modi per "resistere" uno è quello di prendersi cura della parte ferita e arrabbiata, concedendosi questi sentimenti, esprimendoli attraverso dei contenitori. Il rischio altrimenti è quello di sfociare nel patologico o comunque in una situazione di non benessere per l'individuo. Per l'autrice il libro è stato un contenitore per elaborare rabbia e frustrazione. L' associazione stessa è stato il nostro modo di ribellarsi a questa situazione in cui vediamo un aumento del bisogno di sostegno psicologico da una parte, ma scarse possibilità economiche di potervi accedere. Ognuno ha avuto dei contenitori propri che poi hanno dato modo alla creatività di dare vita a questa associazione, portando un contributo ad ognuno di noi: misurandoci con gli altri possiamo tirare fuori il meglio di noi. 

Elaborati i sentimenti si cerca poi un modo di far dialogare e integrare le due parti che convivono in noi, entrambe con limiti e punti di forza: Aceto critico, pessimista ma anche concreto e Brando ottimista, speranzoso, ma che rischia di rimanere nel mondo astratto delle idee. Uscire dal triangolo drammatico in cui il precario si può trovare, incastrato tra la posizione della Vittima che aspetta un Salvatore, cioè che la situazione cambi da sola dall'esterno e la posizione del Persecutore, che sbraita, si arrabbia ma rimane fermo.

Da un punto di vista psicologico non possiamo agire sulla situazione economica-globale, ma possiamo modificare il nostro punto di vista su di essa. Fare leva sulla creatività, intesa come un modo nuovo di guardare alle cose. Spostare i paletti dei limiti personali, costruire una nuova definizione della propria identità lavorativa, anche se si discosta dai modelli della generazione che ci ha preceduto. Immaginare nuovi scenari e valutare nuove possibilità può portarci a modalità differenti di agire.

 Occorre riprendersi il proprio potere, investendo su di sè e cominciando a vedere nuove possibilità, non possiamo cambiare la società in un giorno, ma possiamo fare la nostra parte.

 

 

 

Dott.ssa Azzurra Avvantaggiati, Dott.ssa Eleonora Gori e Dott.ssa Benedetta Ricci

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